PDF Per un'analisi dell'italiano tradotto nei quotidiani: considerazioni preliminari sulla costituzione di un corpus
Quali sono allora le caratteristiche di questa particolare varietà dell’italiano, e come sono cambiate nel tempo? Si riscontrano davvero delle tendenzetraduttive “universali”, comuni a tutte le lingue in tutti i tempi, come teorizzato da Baker (1996)? I dati raccolti in questo studio smentiscono tali ipotesi universaliste e obbligano a circostanziare i testi nel sistema e nell’epoca che li ha prodotti o riprodotti. Ancora una volta negli originali italiani si osserva una discontinuità nella seconda https://www.trad.it/ fase; se è vero che in questo periodo si rileva un nuovo «orientamento verso una lingua “viva” e moderna a partire dal rapporto tra parlato e scrittura letteraria» (Testa 1997, 273), permangono comunque usi più formali come il passato remoto. Come è noto, in inglese i tempi verbali del passato sono organizzati diversamente rispetto all’italiano; in particolare, non vi sono distinzioni formali tra passato prossimo e passato remoto, pertanto la stessa forma verbale inglese del preterito può essere tradotta in italiano sia con il passato prossimo che con il passato remoto. Ci interessava osservare se nel tempo la scelta dei traduttori fosse caduta più sull’una o l’altra forma, anche in considerazione di un presunto cambiamento in atto nella narrativa italiana, che vedrebbe un aumento dell’uso del passato prossimo a danno del passato remoto. I dati mostrano con una certa coerenza che il repertorio di riferimento del sottosistema dell’italiano tradotto contemporaneo è di tipo più conservatore rispetto a quello dei testi autoctoni. Nei romanzi italiani anche il numero medio di parole per periodo si è gradualmente ridotto nel tempo, con un calo da 18 a 13 parole (27,5%). https://articlescad.com/come-utilizzare-gemini-per-la-traduzione-di-documenti-tecnici-97699.html Nelle traduzioni, invece, si osserva una riduzione piuttosto brusca dalla prima alla seconda fase, da 16 a 12 parole (25%), seguita da una lieve inversione di tendenza nella terza. I risultati presentano un rapporto tra il numero di occorrenze del verbo avere ed essere al passato remoto e quello degli stessi verbi al passato prossimo.
Traduzioni dall’inglese
Dai risultati si evince che gli scrittori italiani contemporanei fanno un uso più parco del congiuntivo rispetto al passato (un’occorrenza ogni quindici circa dell’indicativo contro una ogni cinque nella prima fase), come pure più contenuto è oggi il ricorso al congiuntivo da parte dei traduttori (da un congiuntivo ogni tre indicativi a uno ogni dieci). Abbiamo poi calcolato il rapporto tra occorrenze dell’indicativo e del congiuntivo per capire se, o fino a che punto, nell’italiano letterario contemporaneo si riscontrasse davvero un’erosione nell’uso del congiuntivo a vantaggio della forma concorrente dell’uso medio. Di nuovo, i dati, se pure indicativi, possono dare un’idea della variazione nell’uso di questo modo verbale.
L’assetto dell’italiano delle traduzioni in un corpus giornalistico. Aspetti qualitativi e quantitativi
Al contrario dell’italiano, che è una lingua “a soggetto nullo”, l’inglese obbliga a impiegare un nome o un pronome in funzione di soggetto. Ci si chiede, allora, se le traduzioni dall’inglese mostrino un uso più frequente dei pronomi personali soggetto, come hanno dimostrato precedenti analisi condotte su corpora testuali differenti (per esempio Cortelazzo 2007b; Cardinaletti 2004). Quanto alle traduzioni, si osserva che, pur essendo toccatedal calo graduale nell’uso di questo tempo verbale, nella prima e nella terza fase presentano un maggior uso del passato remoto rispetto ai romanzi autoctoni, ulteriore indicazione di una strategia conservatrice e di una predilezione per un’idea di “standard letterario”. Possiamo concludere, dunque, che la lingua delle traduzioni odierne, lungi dall’essere «livellata su un registro medio» (Coletti 2011, 49) è più formale e “corretta” rispetto a quella dei romanzi italiani.
- L’inglese usa il present tense solo con riferimento a situazioni di routine, per indicare azioni ripetute o stati continuativi, mentre ricorre al present continuous per riferirsi ad azioni singole nel presente.
- I dati confermano che in traduzione le forme enfatiche si sono sempre usate meno che nei romanzi originali coevi, come la mancata corrispondenza formale tra inglese e italiano per questo parametro lasciava presupporre.
- L’analisi dei mutamenti linguistici nella lingua dei romanzi italiani autoctoni e tradotti ha consentito di delineare in questi due macrogruppi di testi l’incidenza dei processi di standardizzazione, trasgressione dello standard e ristandardizzazione che hanno interessato il sistema linguistico-letterario italiano dall’Unità a oggi.
Si considerano qui una serie di usi italiani non immediatamente “suggeriti” dall’inglese, per i quali cioè non esiste un’equivalenza formale nella lingua source delle traduzioni tale da indurre il traduttore ad adoperarli. https://rosendal-burnham.hubstack.net/traduci-documenti-word-in-modo-facile-e-preciso-con-deepl-1740480303 Tra i parametri qui analizzati, vi sono le forme lessicali enfatiche mica, meno male, senz’altro, magari e forme concorrenti quali indicativo e congiuntivo da una parte, passato prossimo e passato remoto dall’altra. Per avere un’ampia gamma di stili narrativi, abbiamo scelto sia romanzi di genere che testi letterari, anche se gli autori più sperimentali (come Gadda o Joyce) sono stati evitati. Tutti i romanzi scelti sono stati pubblicati da grandi case editrici e molti dei loro autori sono ben noti (Dickens, Hemingway, Agatha Christie da una parte, Pavese e Baricco dall’altra). Tuttavia, poiché questo studio non mira a stabilire se i testi in inglese hanno avuto un’influenza sulla lingua italiana, ma soltanto a rilevare l’effettivo uso di certi elementi linguistici nelle traduzioni o nei romanzi autoctoni, non sono stati presi in considerazione i dati di vendita di questi romanzi. L’analisi dei mutamenti linguistici nella lingua dei romanzi italiani autoctoni e tradotti ha consentito di delineare in questi due macrogruppi di testi l’incidenza dei processi di standardizzazione, trasgressione dello standard e ristandardizzazione che hanno interessato il sistema linguistico-letterario italiano dall’Unità a oggi.